La mattina del 5 febbraio 1874, un giovedì, si tennero a Milano i
funerali di Giuseppe Rovani. L'enorme presenza di folla fu stimata in
circa 20 000 persone. La conservazione della salma fu affidata a Paolo
Gorini, celebre per aver imbalsamato il corpo di Mazzini. Due bande
musicali, nonché tutto il concorso della cultura milanese, dai pittori
Hayez, Tranquillo Cremona, Mosè Bianchi a Carlo Dossi, Cletto Arrighi,
Emilio Praga, Arrigo Boito, Amilcare Ponchielli. Un funerale così
solenne e partecipato, nella Milano del nuovo stato unitario, c'era
stato soltanto per la morte di Manzoni, l'anno prima.
Manzoni e Rovani. L'idea che l'autore dei Cento anni fosse stato
l'unico vero successore di don Lisanser era nell'aria e Carlo Dossi la
sostenne in un libro-monstre intitolato Rovaniana, che è un atto d'amore
e di devozione prima ancora che un saggio di critica letteraria.
Qualcuno prendeva le distanze, come Carlo Tenca a cui il paragone, non a
torto, sembrava assolutamente esagerato. Quel che è certo è che Rovani,
pur avendo fortemente voluto cimentarsi con il romanzo storico, aveva
stile e impostazione letteraria molto diversi dal Manzoni. I Cento anni
sono un'opera in cui convivono trama romanzesca, digressioni storiche,
inserti saggistici in un ritmo assolutamente centrifugo quasi quanto
centripeto è l'andamento profondo dei Promessi Sposi.
Ma il precoce «mito» Rovani presso i milanesi, non del tutto dissolto
oggi nonostante il molto tempo passato, era dovuto anche al personaggio,
alle sue battute folgoranti, diventate spesso dei proverbi, alla sua
fama di forte bevitore, tutto un insieme di cose molto impastate di
leggenda, ma fortemente legate allo spirito della città e, oggi, a
un'idea della Milano dei tempi andati.
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Manzoni e Rovani. L'idea che l'autore dei Cento anni fosse stato l'unico vero successore di don Lisanser era nell'aria e Carlo Dossi la sostenne in un libro-monstre intitolato Rovaniana, che è un atto d'amore e di devozione prima ancora che un saggio di critica letteraria. Qualcuno prendeva le distanze, come Carlo Tenca a cui il paragone, non a torto, sembrava assolutamente esagerato. Quel che è certo è che Rovani, pur avendo fortemente voluto cimentarsi con il romanzo storico, aveva stile e impostazione letteraria molto diversi dal Manzoni. I Cento anni sono un'opera in cui convivono trama romanzesca, digressioni storiche, inserti saggistici in un ritmo assolutamente centrifugo quasi quanto centripeto è l'andamento profondo dei Promessi Sposi.
Ma il precoce «mito» Rovani presso i milanesi, non del tutto dissolto oggi nonostante il molto tempo passato, era dovuto anche al personaggio, alle sue battute folgoranti, diventate spesso dei proverbi, alla sua fama di forte bevitore, tutto un insieme di cose molto impastate di leggenda, ma fortemente legate allo spirito della città e, oggi, a un'idea della Milano dei tempi andati.