Alla sua prima apparizione nel 1884-85, La presidentessa, che Vargas Llosa ha definito "il più bel romanzo spagnolo dell'Ottocento, fu salutato dal vescovo di Oviedo (la città adombrata dalla Vetusta che fa da sfondo alla vicenda) con una fulminante pastorale che lo definiva "saturo di erotismo, oltraggioso nei confronti delle pratiche cristiane". Da parte sua, per contro, l'autore non aveva dubbi, tanto da descrivere, in una lettura a un amico la propria emozione per aver prodotto "a trentatre anni un'opera d'arte". Dalle prime, contrastante accoglienze - i favori della critica libera, le riserve dei tradizionalisti -, l'opera di Clarìn ha conosciuto in Spagna alterne fortune, sino ad essere cancellata e sepolta dal franchismo e riscoperta - con numerose edizioni e una vasta saggistica - ai giorni nostri. Ed in effetti, pur nei canoni e nelle misure più classici e, se così si può dire, autorevoli della narrativa ottocentesca, La presidentessa si impone, al di là della polemica, cui pure è ispirato contro la società e i costumi clericali della Restaurazione, per la sorprendente vivezza, di un naturalismo tutto particolare, dei personaggi e delle situazioni. Ana Ozores, la protagonista, vive sin dall'infanzia una condizione di disagio permanente, che non tarderà a trasformarsi in conflitto con il microcosmo che la circonda: e che è, dopo un matrimonio di rassegnata opportunità, quello provinciale e soffocante di Vetusta, con la sua aristocrazia chiusa e opaca, la sua aggressiva borghesia, il suo clero invadente e ambizioso (al quale appartiene, con tutto il suo tormento, il confessore di donna Ana nonché suo deuteragonista, don Fermìn). Con grande padronanza dei propri mezzi e strumenti letterari, e con una capacità di introspezione degna dell'ammiratissimo Flaubert, Clarin sa costruire una trama che, al di là di un intreccio convenientemente vario e movimentato, e soprattutto e consapevolmente interiore.
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Alla sua prima apparizione nel 1884-85, La presidentessa, che Vargas Llosa ha definito "il più bel romanzo spagnolo dell'Ottocento, fu salutato dal vescovo di Oviedo (la città adombrata dalla Vetusta che fa da sfondo alla vicenda) con una fulminante pastorale che lo definiva "saturo di erotismo, oltraggioso nei confronti delle pratiche cristiane".
Da parte sua, per contro, l'autore non aveva dubbi, tanto da descrivere, in una lettura a un amico la propria emozione per aver prodotto "a trentatre anni un'opera d'arte". Dalle prime, contrastante accoglienze - i favori della critica libera, le riserve dei tradizionalisti -, l'opera di Clarìn ha conosciuto in Spagna alterne fortune, sino ad essere cancellata e sepolta dal franchismo e riscoperta - con numerose edizioni e una vasta saggistica - ai giorni nostri.
Ed in effetti, pur nei canoni e nelle misure più classici e, se così si può dire, autorevoli della narrativa ottocentesca, La presidentessa si impone, al di là della polemica, cui pure è ispirato contro la società e i costumi clericali della Restaurazione, per la sorprendente vivezza, di un naturalismo tutto particolare, dei personaggi e delle situazioni. Ana Ozores, la protagonista, vive sin dall'infanzia una condizione di disagio permanente, che non tarderà a trasformarsi in conflitto con il microcosmo che la circonda: e che è, dopo un matrimonio di rassegnata opportunità, quello provinciale e soffocante di Vetusta, con la sua aristocrazia chiusa e opaca, la sua aggressiva borghesia, il suo clero invadente e ambizioso (al quale appartiene, con tutto il suo tormento, il confessore di donna Ana nonché suo deuteragonista, don Fermìn). Con grande padronanza dei propri mezzi e strumenti letterari, e con una capacità di introspezione degna dell'ammiratissimo Flaubert, Clarin sa costruire una trama che, al di là di un intreccio convenientemente vario e movimentato, e soprattutto e consapevolmente interiore.