La casa di Mario Praz è una delle rarissime meraviglie che siano apparse nella Roma moderna. E questo libro è la storia di come quella casa (Palazzo Ricci, nella gloriosa via Giulia, e infine Palazzo Primoli, ultima residenza di Praz, oggi aperto al pubblico come museo) sia concresciuta alla vita del suo abitatore, intrecciandovisi in modo inestricabile: sì che soltanto attraverso i suoi oggetti - i mobili Impero, allora quasi spregiati, ma anche tutto ciò che le pompose storie dell’arte trascurano: cere, ventagli, quadri d’interni, conversation pieces - il grande critico, che ha sempre amato la luce riflessa degli specchi e perciò ha saputo percepire con magistrale acutezza il rifrangersi dei gusti e degli echi nella letteratura e nell’arte, è riuscito a raccontare se stesso. E mentre ci fa attraversare, stanza dopo stanza, la «casa della vita», il suo tono è quello di un’amabile guida, prodigiosamente erudita, che sia anche però un saggista e memorialista della specie più felice: la specie di Lamb, di De Quincey, di Pater. Alla fine il lettore si aggirerà in questo «museo vivo» come in una foresta incantata, che un potente artificio tiene divisa dalla vita immediata, ma proprio per catturare la vita segreta delle immagini riflesse - talvolta attraversata da illustri scrittori e personaggi della cultura europea del Novecento che sembrano affiorare dalle «acque intorbidate» di un «antico specchio».
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La casa di Mario Praz è una delle rarissime meraviglie che siano apparse nella Roma moderna. E questo libro è la storia di come quella casa (Palazzo Ricci, nella gloriosa via Giulia, e infine Palazzo Primoli, ultima residenza di Praz, oggi aperto al pubblico come museo) sia concresciuta alla vita del suo abitatore, intrecciandovisi in modo inestricabile: sì che soltanto attraverso i suoi oggetti - i mobili Impero, allora quasi spregiati, ma anche tutto ciò che le pompose storie dell’arte trascurano: cere, ventagli, quadri d’interni, conversation pieces - il grande critico, che ha sempre amato la luce riflessa degli specchi e perciò ha saputo percepire con magistrale acutezza il rifrangersi dei gusti e degli echi nella letteratura e nell’arte, è riuscito a raccontare se stesso. E mentre ci fa attraversare, stanza dopo stanza, la «casa della vita», il suo tono è quello di un’amabile guida, prodigiosamente erudita, che sia anche però un saggista e memorialista della specie più felice: la specie di Lamb, di De Quincey, di Pater. Alla fine il lettore si aggirerà in questo «museo vivo» come in una foresta incantata, che un potente artificio tiene divisa dalla vita immediata, ma proprio per catturare la vita segreta delle immagini riflesse - talvolta attraversata da illustri scrittori e personaggi della cultura europea del Novecento che sembrano affiorare dalle «acque intorbidate» di un «antico specchio».