«La narrativa italiana di oggi scorre placida e tranquilla, rinnovando per ogni volume che sforna la sua estraneità a ogni problema capace di dirci qualcosa di più di quello che già sappiamo. Peraltro, quello che già sappiamo ce lo ripete con onestà e con buona scrittura, negando anche fuoco alla nostra furia.» Assertore per queste buone ragioni di una «serena intolleranza» nei confronti dei nostri scrittori giovani e meno giovani, Angelo Guglielmi costruisce un personalissimo itinerario che rinuncia alla tradizionale forma-saggio per costituirsi attraverso frammenti: riflessioni su romanzi, dialoghi con scrittori, snodi di un argomentare che Guglielmi vuole casuale e quasi rimuginato, ma che per la sua tensione interiore e la qualità delle intuizioni assume toni e rilevanza scottanti. Abitato da autori ormai acquisiti dalla critica come Sciascia, Pasolini e Calvino e da scrittori più recenti come Tamaro e Baricco, continua-mente visitato dal fantasma di Gadda, Trent’anni di intolleranza (mia) è una denuncia a volte spietata ma mai rancorosa, dettata da un amore risentito per quella letteratura che, parafrasando il Milan Kundera del primo frammento, non ha esaurito tutte le sue possibilità ma attende di cogliere grandi occasioni, di scoprire strade nuove e di rispondere ad appelli ancora inascoltati. Tre lunghe appendici completano una sorta di autoritratto intellettuale dell’autore: Per uscire dal nulla documenta una fase importante della discussione sul post-moderno, mentre la prova di critica orale su Tabucchi rivela l’amore e il debito nei confronti del grande Giacomo Debenedetti. Nella registrazione del dibattito seguito alle elezioni politiche del 27 marzo 1994 il lettore ritroverà infine il Guglielmi inventore di Rai Tre, l’osservatore lucido e mai perbene di un mondo «così poco perbene e malfatto».
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«La narrativa italiana di oggi scorre placida e tranquilla, rinnovando per ogni volume che sforna la sua estraneità a ogni problema capace di dirci qualcosa di più di quello che già sappiamo. Peraltro, quello che già sappiamo ce lo ripete con onestà e con buona scrittura, negando anche fuoco alla nostra furia.» Assertore per queste buone ragioni di una «serena intolleranza» nei confronti dei nostri scrittori giovani e meno giovani, Angelo Guglielmi costruisce un personalissimo itinerario che rinuncia alla tradizionale forma-saggio per costituirsi attraverso frammenti: riflessioni su romanzi, dialoghi con scrittori, snodi di un argomentare che Guglielmi vuole casuale e quasi rimuginato, ma che per la sua tensione interiore e la qualità delle intuizioni assume toni e rilevanza scottanti. Abitato da autori ormai acquisiti dalla critica come Sciascia, Pasolini e Calvino e da scrittori più recenti come Tamaro e Baricco, continua-mente visitato dal fantasma di Gadda, Trent’anni di intolleranza (mia) è una denuncia a volte spietata ma mai rancorosa, dettata da un amore risentito per quella letteratura che, parafrasando il Milan Kundera del primo frammento, non ha esaurito tutte le sue possibilità ma attende di cogliere grandi occasioni, di scoprire strade nuove e di rispondere ad appelli ancora inascoltati. Tre lunghe appendici completano una sorta di autoritratto intellettuale dell’autore: Per uscire dal nulla documenta una fase importante della discussione sul post-moderno, mentre la prova di critica orale su Tabucchi rivela l’amore e il debito nei confronti del grande Giacomo Debenedetti. Nella registrazione del dibattito seguito alle elezioni politiche del 27 marzo 1994 il lettore ritroverà infine il Guglielmi inventore di Rai Tre, l’osservatore lucido e mai perbene di un mondo «così poco perbene e malfatto».