Ci si è mai chiesti cos’è che vivifica e rende così rigogliose le società umane più avanzate? L’ambizione? la creatività? il desiderio? l’ingegno? Ognuno di questi fattori – come altri che potreb- bero essere citati − ha senza dubbio la sua importanza, ma la vera inesauribile fonte di energia psichica, senza la quale le nostre società, così come le conosciamo, neppure esisterebbero, e quelle esistenti imploderebbero in breve tempo, è la comunissima genuina stupidità. Non è uno scherzo. Se, per assurdo, dovesse verificarsi un improvviso e planetario blackout della stupidità, le conseguenze sarebbero davvero catastrofiche. Milioni di operai, tanto per cominciare, non sprecherebbero più la loro esistenza per mandare avanti una deprimente catena di montaggio, e migliaia di fabbriche in tutto il mondo andrebbero presto in malora. Le chiese si svuoterebbero, e senza fedeli né sovvenzioni economiche chiuderebbero i battenti. Tutte le religioni, senza distinzione alcuna, sarebbero relegate a mera superstizione, e insieme a monaci e sacerdoti scomparirebbero anche maghi, taumaturghi, pranoterapeuti, astrologi, santi, santoni e compagnia bella. Migliaia di giovani, poi, non sarebbero più disposti ad arruolarsi nell’esercito per ammazzare − o farsi ammazzare – in paesi sperduti, tra l’altro, per motivi che neppure conoscono o che non li riguardano affatto; disertare diventerebbe un onore e il disertore una specie di eroe. Riuscire a trovare anche un solo candidato per le elezioni politiche diverrebbe un’impresa, e il mondo rischierebbe di finire nell’anarchia. Milioni di libri, tra cui molti bestseller, finirebbero al macero per improvvisa mancanza di lettori; l’incasso al botte- ghino di tantissimi film sarebbe pari allo zero, mentre la maggior parte dei programmi televisivi perderebbe i suoi più affezionati spettatori. Nessuno darebbe più retta alla pubblicità, e una miriade di prodotti inutili, se non dannosi − a cominciare da quelli alimentari −, resterebbe pressoché invenduta, generando una crisi economica di portata epocale. In breve tempo, sparirebbero le sfilate di moda, i concorsi di bellezza, i festival di musica leggera, e pochi continuerebbero ad ascoltare le tante canzonette che allietano i nostri giorni senza arrossire dalla vergogna. Gli stadi di calcio resterebbero semivuoti, sicuramente privi delle simpatiche orde di scalmanati che caratterizzano da sempre gli spalti; e semivuoti resterebbero anche i circuiti delle gare automobilistiche e motociclistiche – questi spassosissimi modi di sprecare petrolio –, per non parlare degli ippodromi e dei campi da baseball. Smetterebbero di esistere i circhi equestri, chiuderebbero i giardini zoologici, sarebbero abolite per sempre le corride e i combattimenti tra animali. La caccia, da sempre innocente hobby per amanti della natura, sarebbe presto catalogata come reato. C’è da supporre che anche i matrimoni diminuirebbero sensibilmente, e fare figli diventerebbe un evento sempre più raro; affidata a pochi saggi, l’umanità, nel giro di qualche secolo, rischierebbe persino l’estinzione. Gli esempi potrebbero continuare a lungo, ma dovrebbe essere già evidente quanta parte abbia la stoltezza nel far girare il mondo. Sia lode, dunque, all’umana stupidità, e non temano filantropi e progressisti che un giorno possa verificarsi davvero lo scenario catastrofico sopra tratteggiato, perché se è vero che finché c’è stupidità c’è vita, è altrettanto vero che finché c’è vita ci sarà sempre stupidità.
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Ci si è mai chiesti cos’è che vivifica e rende così rigogliose le società umane più avanzate? L’ambizione? la creatività? il desiderio? l’ingegno? Ognuno di questi fattori – come altri che potreb- bero essere citati − ha senza dubbio la sua importanza, ma la vera inesauribile fonte di energia psichica, senza la quale le nostre società, così come le conosciamo, neppure esisterebbero, e quelle esistenti imploderebbero in breve tempo, è la comunissima genuina stupidità. Non è uno scherzo. Se, per assurdo, dovesse verificarsi un improvviso e planetario blackout della stupidità, le conseguenze sarebbero davvero catastrofiche. Milioni di operai, tanto per cominciare, non sprecherebbero più la loro esistenza per mandare avanti una deprimente catena di montaggio, e migliaia di fabbriche in tutto il mondo andrebbero presto in malora. Le chiese si svuoterebbero, e senza fedeli né sovvenzioni economiche chiuderebbero i battenti. Tutte le religioni, senza distinzione alcuna, sarebbero relegate a mera superstizione, e insieme a monaci e sacerdoti scomparirebbero anche maghi, taumaturghi, pranoterapeuti, astrologi, santi, santoni e compagnia bella. Migliaia di giovani, poi, non sarebbero più disposti ad arruolarsi nell’esercito per ammazzare − o farsi ammazzare – in paesi sperduti, tra l’altro, per motivi che neppure conoscono o che non li riguardano affatto; disertare diventerebbe un onore e il disertore una specie di eroe. Riuscire a trovare anche un solo candidato per le elezioni politiche diverrebbe un’impresa, e il mondo rischierebbe di finire nell’anarchia. Milioni di libri, tra cui molti bestseller, finirebbero al macero per improvvisa mancanza di lettori; l’incasso al botte- ghino di tantissimi film sarebbe pari allo zero, mentre la maggior parte dei programmi televisivi perderebbe i suoi più affezionati spettatori. Nessuno darebbe più retta alla pubblicità, e una miriade di prodotti inutili, se non dannosi − a cominciare da quelli alimentari −, resterebbe pressoché invenduta, generando una crisi economica di portata epocale. In breve tempo, sparirebbero le sfilate di moda, i concorsi di bellezza, i festival di musica leggera, e pochi continuerebbero ad ascoltare le tante canzonette che allietano i nostri giorni senza arrossire dalla vergogna. Gli stadi di calcio resterebbero semivuoti, sicuramente privi delle simpatiche orde di scalmanati che caratterizzano da sempre gli spalti; e semivuoti resterebbero anche i circuiti delle gare automobilistiche e motociclistiche – questi spassosissimi modi di sprecare petrolio –, per non parlare degli ippodromi e dei campi da baseball. Smetterebbero di esistere i circhi equestri, chiuderebbero i giardini zoologici, sarebbero abolite per sempre le corride e i combattimenti tra animali. La caccia, da sempre innocente hobby per amanti della natura, sarebbe presto catalogata come reato. C’è da supporre che anche i matrimoni diminuirebbero sensibilmente, e fare figli diventerebbe un evento sempre più raro; affidata a pochi saggi, l’umanità, nel giro di qualche secolo, rischierebbe persino l’estinzione. Gli esempi potrebbero continuare a lungo, ma dovrebbe essere già evidente quanta parte abbia la stoltezza nel far girare il mondo. Sia lode, dunque, all’umana stupidità, e non temano filantropi e progressisti che un giorno possa verificarsi davvero lo scenario catastrofico sopra tratteggiato, perché se è vero che finché c’è stupidità c’è vita, è altrettanto vero che finché c’è vita ci sarà sempre stupidità.