Autobiografia di una delle grandi donne del nostro secolo. Grande non semplicemente perché è stata fra le prime donne a capeggiare il governo di uno Stato, colei che ha guidato il suo popolo nella vittoria e nel dramma: ma per la straordinaria coerenza, per l’unità consapevolmente voluta e conquistata di tutta la sua vita. «Dovevo essere molto piccola, tre anni e mezzo o quattro al massimo – così cominciano i ricordi del futuro primo ministro d’Israele -. Abitavamo allora in una casetta di Kiev, e rammento d’aver sentito parlare di un pogrom che stava per piombarci addosso… Seduta sulla scala, stringevo le mani di una bambina e guardavamo i nostri padri che si affannavano a barricare l’ingresso con assi di legno… Ero spaventata e furiosa nello scoprire che tutto ciò che mio padre poteva fare per difendermi era inchiodare quattro assi in attesa di quei manigoldi. Soprattutto rammento d’aver avuto piena coscienza che questo mi accadeva perché ero ebrea… e che, se si voleva sopravvivere, bisognava darsi da fare di persona.» Da Kiev a Gerusalemme, e lungo il cammino della piccola ebrea russa, figlia del falegname Mabovitch: romanzo d’avventure e storia di un movimento nazionale, comincia con l’annuncio di un pogrom scatenato dai cosacchi, per finire con l’urlo delle sirene allo scoppio della guerra del Kippur. Soffrendo la condizione riservata agli ebrei nella Russia degli zar, la piccola Golda concepisce una vocazione: e dall’America dove emigra a otto anni, dalla Palestina occupata dagli inglesi dove approda nel 24, alle prime esperienze di kibbutz, al lavoro sindacale, al memorabile incontro con re Abdullah di Transgiordania, via Via fino ai vari incarichi di partito e di governo, quella vocazione conferisce alla sua vita la dimensione della storia, il fascino dei pionieri ebbri d’ideale, il prestigio dei grandi creatori del secolo XX. E tuttavia, la grande storia che scandisce il ritmo di queste memorie non cancella la storia personale, il «lessico familiare» di una donna educata sui Dieci Comandamenti. E accanto ai ritratti di Weizmann e Ben Gurion, di Hammerskjöld e Kennedy, di Paolo VI e Kissinger, nel racconto trovano posto i ricordi di Golda moglie e madre, lo strazio del permanente conflitto tra gli affetti privati e gli impegni pubblici,i caratteri di un essere tenero e candido chiamato dal destino a condurre una lotta che non ammette debolezze.
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Autobiografia di una delle grandi donne del nostro secolo. Grande non semplicemente perché è stata fra le prime donne a capeggiare il governo di uno Stato, colei che ha guidato il suo popolo nella vittoria e nel dramma: ma per la straordinaria coerenza, per l’unità consapevolmente voluta e conquistata di tutta la sua vita. «Dovevo essere molto piccola, tre anni e mezzo o quattro al massimo – così cominciano i ricordi del futuro primo ministro d’Israele -. Abitavamo allora in una casetta di Kiev, e rammento d’aver sentito parlare di un pogrom che stava per piombarci addosso… Seduta sulla scala, stringevo le mani di una bambina e guardavamo i nostri padri che si affannavano a barricare l’ingresso con assi di legno… Ero spaventata e furiosa nello scoprire che tutto ciò che mio padre poteva fare per difendermi era inchiodare quattro assi in attesa di quei manigoldi. Soprattutto rammento d’aver avuto piena coscienza che questo mi accadeva perché ero ebrea… e che, se si voleva sopravvivere, bisognava darsi da fare di persona.» Da Kiev a Gerusalemme, e lungo il cammino della piccola ebrea russa, figlia del falegname Mabovitch: romanzo d’avventure e storia di un movimento nazionale, comincia con l’annuncio di un pogrom scatenato dai cosacchi, per finire con l’urlo delle sirene allo scoppio della guerra del Kippur. Soffrendo la condizione riservata agli ebrei nella Russia degli zar, la piccola Golda concepisce una vocazione: e dall’America dove emigra a otto anni, dalla Palestina occupata dagli inglesi dove approda nel 24, alle prime esperienze di kibbutz, al lavoro sindacale, al memorabile incontro con re Abdullah di Transgiordania, via Via fino ai vari incarichi di partito e di governo, quella vocazione conferisce alla sua vita la dimensione della storia, il fascino dei pionieri ebbri d’ideale, il prestigio dei grandi creatori del secolo XX. E tuttavia, la grande storia che scandisce il ritmo di queste memorie non cancella la storia personale, il «lessico familiare» di una donna educata sui Dieci Comandamenti. E accanto ai ritratti di Weizmann e Ben Gurion, di Hammerskjöld e Kennedy, di Paolo VI e Kissinger, nel racconto trovano posto i ricordi di Golda moglie e madre, lo strazio del permanente conflitto tra gli affetti privati e gli impegni pubblici,i caratteri di un essere tenero e candido chiamato dal destino a condurre una lotta che non ammette debolezze.