Gigi Cavalieri, detto Pivione, uscì da Porta Romana e sotto la pioggia dirotta, senza ombrello, con le scarpe scalcagnate, s'inoltrò nella campagna deserta. Egli sentiva i piedi guazzar nell'acqua e la pioggia grondargli per le tese del cappello scolorito fin dentro il collo; la giacca inzuppata esalava un odor d'umido; i calzoni erano inzaccherati di fango fin quasi al ginocchio. Ma l'uomo non aveva pensiero per un inconveniente che gli era capitato spesso nella sua laboriosa esistenza; egli procedeva svelto e cauto a un tempo, guardandosi intorno, spingendo l'occhio sicuro di là dai filari di pioppi, che l'acqua e la nebbia velavano leggermente.
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Gigi Cavalieri, detto Pivione, uscì da Porta Romana e sotto la pioggia dirotta, senza ombrello, con le scarpe scalcagnate, s'inoltrò nella campagna deserta. Egli sentiva i piedi guazzar nell'acqua e la pioggia grondargli per le tese del cappello scolorito fin dentro il collo; la giacca inzuppata esalava un odor d'umido; i calzoni erano inzaccherati di fango fin quasi al ginocchio. Ma l'uomo non aveva pensiero per un inconveniente che gli era capitato spesso nella sua laboriosa esistenza; egli procedeva svelto e cauto a un tempo, guardandosi intorno, spingendo l'occhio sicuro di là dai filari di pioppi, che l'acqua e la nebbia velavano leggermente.