Otto anni dopo essere stato consacrato sovrano di un regno che abbracciava quasi tutta l’India, Ashoka condusse una guerra di conquista nel Kalinga, sul Golfo del Bengala. Vinse. Ma, dopo aver vinto, sentì rimorso. E volle esprimere quel rimorso in parole incise sulla roccia, perché reggessero al tempo e tutti le conoscessero: «… furono deportate centocinquantamila persone; centomila furono uccise; molte centinaia di migliaia perirono … Tale è la penitenza del re caro agli Dei per aver sottomesso i Kalinga: perché la conquista di un paese indipendente è strage, morte, cattività di uomini; e ciò è fonte di pena e deplorazione per il re caro agli Dei». Nel lungo corteo dei potenti, occidentali e orientali, che scandiscono la storia, nessuno è stato capace di parole simili. E nessuno ha dichiarato pubblicamente una così piena tolleranza per ogni forma di pensiero e di fede. Perciò, come scrisse H.G. Wells di Ashoka, «dal Volga al Giappone il suo nome è onorato ancora oggi. La Cina, il Tibet e anche l’India, che pure ha abbandonato la sua dottrina, conservano la tradizione della sua grandezza. Sono più numerosi gli uomini che oggi hanno cara la sua memoria di quelli che mai hanno sentito parlare di Costantino e Carlo Magno».
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Otto anni dopo essere stato consacrato sovrano di un regno che abbracciava quasi tutta l’India, Ashoka condusse una guerra di conquista nel Kalinga, sul Golfo del Bengala. Vinse. Ma, dopo aver vinto, sentì rimorso. E volle esprimere quel rimorso in parole incise sulla roccia, perché reggessero al tempo e tutti le conoscessero: «… furono deportate centocinquantamila persone; centomila furono uccise; molte centinaia di migliaia perirono … Tale è la penitenza del re caro agli Dei per aver sottomesso i Kalinga: perché la conquista di un paese indipendente è strage, morte, cattività di uomini; e ciò è fonte di pena e deplorazione per il re caro agli Dei». Nel lungo corteo dei potenti, occidentali e orientali, che scandiscono la storia, nessuno è stato capace di parole simili. E nessuno ha dichiarato pubblicamente una così piena tolleranza per ogni forma di pensiero e di fede. Perciò, come scrisse H.G. Wells di Ashoka, «dal Volga al Giappone il suo nome è onorato ancora oggi. La Cina, il Tibet e anche l’India, che pure ha abbandonato la sua dottrina, conservano la tradizione della sua grandezza. Sono più numerosi gli uomini che oggi hanno cara la sua memoria di quelli che mai hanno sentito parlare di Costantino e Carlo Magno».