Nel 1891 Edmondo De Amicis comincia a scrivere Primo Maggio, esattamente quattro anni dopo l’uscita di Cuore. Questo libro, inedito per quasi un secolo, è stato pubblicato per la prima volta nel 1980 dal Comune di Imperia, sua città natale e nella cui biblioteca è custodito il manoscritto. Primo Maggio segna l’adesione di De Amicis agli ideali del socialismo italiano e unisce al razionalismo scientifico del materialismo storico i sentimenti più cari all’autore, la bontà e l’amore, senza cadere nello sdolcinato patriottismo che aveva caratterizzato Cuore. Il protagonista, Alberto, un insegnante torinese, si unisce al socialismo spinto dalla sua profonda onestà e dalla scoperta della bestiale condizione di povertà in cui vivono milioni di proletari. Per questa ragione, per aver manifestato le sue convinzioni, Alberto viene emarginato, abbandonato dalla famiglia, licenziato e minacciato di morte. Decide allora di dedicarsi completamente alla causa del popolo e, durante una manifestazione per il Primo Maggio, festa dei lavoratori, i soldati inviati dal Governo per sedare le proteste operaie lo feriscono a morte. Alberto rivolge al figlio, che cercava di capire perché il padre fosse stato allontanato dalla famiglia, queste parole che sono una sorta di programma politico: «Giulio, tu vedi quanta gente c’è intorno a te, che suda al lavoro per tutta la vita e non ne cava tanto da vivere umanamente, quanti milioni di ragazzi lasciati nell’ignoranza e nell’abbrutimento, e quante famiglie ridotte alla fame senza loro colpa; vedi quante diseguaglianze ingiuste, quante ire, quanti odi. Ora, c’è modo di far sì che questa grande miseria sparisca tutta o in gran parte, che il lavoro non manchi a nessuno e diventi più umano per tutti. Che tutti i ragazzi siano istruiti e educati, che le disuguaglianze ingiuste scompaiano, che gli odi cessino, che la società diventi quasi un’immensa famiglia, in cui ciascuno, per interesse proprio, desideri il bene di tutti gli altri». Prefazione di UGO INTINI, giornalista e scrittore, già direttore del quotidiano di Genova «Il Lavoro», è stato direttore responsabile de «l’Avanti!» dal 1978 al 1981 e direttore politico del giornale dal 1983 al 1987. Parlamentare dal 1983 al 1994 e dal 2001 al 2006, portavoce del Partito Socialista dal 1987 al 1993, prima sottosegretario e poi vice ministro degli Esteri negli anni 2000, ha scritto numerosi libri di politica e di storia fra cui Avanti! un giornale un’epoca, una storia del quotidiano, dal 1896 al 1993. I suoi direttori hanno lasciato un’impronta decisiva nelle istituzioni: da Bissolati a Mussolini, Gramsci, Nenni, Pertini e Craxi. I suoi collaboratori, Edmondo De Amicis uno di questi, l’hanno lasciato nella letteratura, nel cinema, nel teatro e nell’arte.
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Nel 1891 Edmondo De Amicis comincia a scrivere Primo Maggio, esattamente quattro anni dopo l’uscita di Cuore. Questo libro, inedito per quasi un secolo, è stato pubblicato per la prima volta nel 1980 dal Comune di Imperia, sua città natale e nella cui biblioteca è custodito il manoscritto. Primo Maggio segna l’adesione di De Amicis agli ideali del socialismo italiano e unisce al razionalismo scientifico del materialismo storico i sentimenti più cari all’autore, la bontà e l’amore, senza cadere nello sdolcinato patriottismo che aveva caratterizzato Cuore. Il protagonista, Alberto, un insegnante torinese, si unisce al socialismo spinto dalla sua profonda onestà e dalla scoperta della bestiale condizione di povertà in cui vivono milioni di proletari. Per questa ragione, per aver manifestato le sue convinzioni, Alberto viene emarginato, abbandonato dalla famiglia, licenziato e minacciato di morte. Decide allora di dedicarsi completamente alla causa del popolo e, durante una manifestazione per il Primo Maggio, festa dei lavoratori, i soldati inviati dal Governo per sedare le proteste operaie lo feriscono a morte. Alberto rivolge al figlio, che cercava di capire perché il padre fosse stato allontanato dalla famiglia, queste parole che sono una sorta di programma politico: «Giulio, tu vedi quanta gente c’è intorno a te, che suda al lavoro per tutta la vita e non ne cava tanto da vivere umanamente, quanti milioni di ragazzi lasciati nell’ignoranza e nell’abbrutimento, e quante famiglie ridotte alla fame senza loro colpa; vedi quante diseguaglianze ingiuste, quante ire, quanti odi. Ora, c’è modo di far sì che questa grande miseria sparisca tutta o in gran parte, che il lavoro non manchi a nessuno e diventi più umano per tutti. Che tutti i ragazzi siano istruiti e educati, che le disuguaglianze ingiuste scompaiano, che gli odi cessino, che la società diventi quasi un’immensa famiglia, in cui ciascuno, per interesse proprio, desideri il bene di tutti gli altri». Prefazione di UGO INTINI, giornalista e scrittore, già direttore del quotidiano di Genova «Il Lavoro», è stato direttore responsabile de «l’Avanti!» dal 1978 al 1981 e direttore politico del giornale dal 1983 al 1987. Parlamentare dal 1983 al 1994 e dal 2001 al 2006, portavoce del Partito Socialista dal 1987 al 1993, prima sottosegretario e poi vice ministro degli Esteri negli anni 2000, ha scritto numerosi libri di politica e di storia fra cui Avanti! un giornale un’epoca, una storia del quotidiano, dal 1896 al 1993. I suoi direttori hanno lasciato un’impronta decisiva nelle istituzioni: da Bissolati a Mussolini, Gramsci, Nenni, Pertini e Craxi. I suoi collaboratori, Edmondo De Amicis uno di questi, l’hanno lasciato nella letteratura, nel cinema, nel teatro e nell’arte.