Ho deciso di selezionare, da un diario che conta pi di ottocento pagine, cominciato nel 1965 e terminato nel 1989, delle scene tratte dal Mondo tutto mio, cos Greene definiva il mondo dei suoi sogni. In un certo senso un'autobiografia, che inizia con la Felicit e termina con la Morte. Il taccuino sempre sul comodino accanto al letto, Graham Greene aveva l'abitudine di appuntarsi i sogni appena fatti (un'eredit di antiche sedute con lo psicanalista) per poi ricostruire la mattina dopo. Poco prima di morire, dall'enorme materiale, ne scelse alcuni, raggruppandoli in categorie. Il risultato, Un Mondo tutto mio, l'ultimo suo libro.
E non soltanto la testimonianza, la memoria della sua vita onirica, con tutti i collegamenti che questa poteva avere con una vita da sveglio complicata e strabiliante quale la sua (tra viaggi, spionaggio, noia e depressione, amori, guerre, scommesse con la morte), e con tutti gli scambi con la creativit geniale di uno dei pi originali scrittori del Novecento. Si legge come un libro estremamente avvincente prendendolo proprio come racconto, come pura narrativa. Vuoi perch dai suoi sogni Greene traeva continuamente contenuti: I temi dei romanzi di Greene, scrive Vittorio Lingiardi nella sua Nota, sono pura materia psichica. Certo, ci sono i conflitti sociali e politici che esplodono in tutto il mondo, ma con loro esplodono anche quelli personali: l'antagonismo, la lealt e il diritto alla slealt, il tradimento, il ritorno delle esperienze infantili, soprattutto del rapporto padre-figlio. Non c' romanzo di Greene che non preveda soluzioni oniriche. Vuoi perch, raccontando sogni, era come se toccasse il punto ideale dello scrivere: descrivere una storia totalmente fantastica, inventata, del tutto separata dalla realt, avendo per un ancoraggio oggettivo, una sua realt al di l delle intenzioni di chi la scrive. Come si legge nella Postfazione di Domenico Scarpa: Se esiste un libro lieve, brioso, energetico, se esiste un libro che esprima libert allo stato puro, proprio Un Mondo tutto mio. C'era in Greene il piacere di fare ci che la quintessenza del mestiere di scrittore: invitare il lettore a entrare in una intimit realmente accaduta in ogni dettaglio, ma inesistente nella realt.
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Ho deciso di selezionare, da un diario che conta pi di ottocento pagine, cominciato nel 1965 e terminato nel 1989, delle scene tratte dal Mondo tutto mio, cos Greene definiva il mondo dei suoi sogni. In un certo senso un'autobiografia, che inizia con la Felicit e termina con la Morte. Il taccuino sempre sul comodino accanto al letto, Graham Greene aveva l'abitudine di appuntarsi i sogni appena fatti (un'eredit di antiche sedute con lo psicanalista) per poi ricostruire la mattina dopo. Poco prima di morire, dall'enorme materiale, ne scelse alcuni, raggruppandoli in categorie. Il risultato, Un Mondo tutto mio, l'ultimo suo libro. E non soltanto la testimonianza, la memoria della sua vita onirica, con tutti i collegamenti che questa poteva avere con una vita da sveglio complicata e strabiliante quale la sua (tra viaggi, spionaggio, noia e depressione, amori, guerre, scommesse con la morte), e con tutti gli scambi con la creativit geniale di uno dei pi originali scrittori del Novecento. Si legge come un libro estremamente avvincente prendendolo proprio come racconto, come pura narrativa. Vuoi perch dai suoi sogni Greene traeva continuamente contenuti: I temi dei romanzi di Greene, scrive Vittorio Lingiardi nella sua Nota, sono pura materia psichica. Certo, ci sono i conflitti sociali e politici che esplodono in tutto il mondo, ma con loro esplodono anche quelli personali: l'antagonismo, la lealt e il diritto alla slealt, il tradimento, il ritorno delle esperienze infantili, soprattutto del rapporto padre-figlio. Non c' romanzo di Greene che non preveda soluzioni oniriche. Vuoi perch, raccontando sogni, era come se toccasse il punto ideale dello scrivere: descrivere una storia totalmente fantastica, inventata, del tutto separata dalla realt, avendo per un ancoraggio oggettivo, una sua realt al di l delle intenzioni di chi la scrive. Come si legge nella Postfazione di Domenico Scarpa: Se esiste un libro lieve, brioso, energetico, se esiste un libro che esprima libert allo stato puro, proprio Un Mondo tutto mio. C'era in Greene il piacere di fare ci che la quintessenza del mestiere di scrittore: invitare il lettore a entrare in una intimit realmente accaduta in ogni dettaglio, ma inesistente nella realt.