È l'ottobre del 1552. La tensione tra il Duca di Firenze e la Repubblica di Siena si è acuita al punto che è necessario stabilire in modo netto i confini tra le due parti. Nel corso di una ricognizione, architetti e militari di queste città innalzano un muro (il Muro di Barbino, dal nome del suo ideatore) che dividerà in due il modesto borgo di Sortignano, nel Chianti. Allora come oggi i confini politici, decisi a tavolino, non tengono conto dei confini geografici e umani.È da questo espediente romanzesco che si sviluppa l'intera opera: un romanzo storico che, seguendo la tradizione manzoniana, intreccia elementi fittizi e personaggi realmente esistiti, luoghi immaginari ed episodi documentati, il tutto narrato con una lingua vivace e una parlata presa a prestito dagli autori toscani del Rinascimento e da nonni e parenti anziani. Un linguaggio sostanzioso e saporito, dunque, lontano da quello stereotipato, «di plastica», a cui siamo ormai abituati.
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È l'ottobre del 1552. La tensione tra il Duca di Firenze e la Repubblica di Siena si è acuita al punto che è necessario stabilire in modo netto i confini tra le due parti. Nel corso di una ricognizione, architetti e militari di queste città innalzano un muro (il Muro di Barbino, dal nome del suo ideatore) che dividerà in due il modesto borgo di Sortignano, nel Chianti. Allora come oggi i confini politici, decisi a tavolino, non tengono conto dei confini geografici e umani.È da questo espediente romanzesco che si sviluppa l'intera opera: un romanzo storico che, seguendo la tradizione manzoniana, intreccia elementi fittizi e personaggi realmente esistiti, luoghi immaginari ed episodi documentati, il tutto narrato con una lingua vivace e una parlata presa a prestito dagli autori toscani del Rinascimento e da nonni e parenti anziani. Un linguaggio sostanzioso e saporito, dunque, lontano da quello stereotipato, «di plastica», a cui siamo ormai abituati.