«Come scrive Theodor Fontane, il romanzo in fondo racconta solo della morte di un vecchio e del matrimonio di due giovani. Eppure è la storia più leggera, più serena e oserei dire più felice che Fontane abbia mai raccontato. Il miracolo è che Lo Stechlin, l'unica opera di Fontane che abbia una esplicita tesi e parli di problemi politici e sociali, non perda mai l'ormai proverbiale leggerezza della prosa dello scrittore, proprio perché tutto ciò che è opinione, programma e convincimento è sempre tradotto nel linguaggio di un personaggio – l'anziano Junker prussiano Dubslav von Stechlin – tra i più grandi che Fontane abbia concepito. Il miracolo insomma è che la struttura retorica del romanzo coincida con la struttura psicologica del protagonista il quale è così in qualche modo il romanzo che attraverso di lui si è fatto personaggio. Per questo Lo Stechlin, per lungo che sia, non si disperde, non si frantuma, conserva sempre la sua inconfondibile unità grazie alla sua totale identificazione con la sempre mobile paradossalità del suo protagonista.» Giuliano Baioni
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«Come scrive Theodor Fontane, il romanzo in fondo racconta solo della morte di un vecchio e del matrimonio di due giovani. Eppure è la storia più leggera, più serena e oserei dire più felice che Fontane abbia mai raccontato. Il miracolo è che Lo Stechlin, l'unica opera di Fontane che abbia una esplicita tesi e parli di problemi politici e sociali, non perda mai l'ormai proverbiale leggerezza della prosa dello scrittore, proprio perché tutto ciò che è opinione, programma e convincimento è sempre tradotto nel linguaggio di un personaggio – l'anziano Junker prussiano Dubslav von Stechlin – tra i più grandi che Fontane abbia concepito. Il miracolo insomma è che la struttura retorica del romanzo coincida con la struttura psicologica del protagonista il quale è così in qualche modo il romanzo che attraverso di lui si è fatto personaggio. Per questo Lo Stechlin, per lungo che sia, non si disperde, non si frantuma, conserva sempre la sua inconfondibile unità grazie alla sua totale identificazione con la sempre mobile paradossalità del suo protagonista.» Giuliano Baioni