A distanza di ottant’anni l’opera di Pea non solo non ha perso nulla della propria originalità, ma acquista ancora di più il valore assoluto, fuori dal tempo e dalle mode culturali, del capolavoro. Nonostante questo, o forse proprio per tale sua “stranezza”, il nome di Enrico Pea è oggi quasi completamente dimenticato e Il romanzo di Moscardino, tetralogia comprendente quattro brevi romanzi tra loro collegati (Moscardino, tradotto poi in inglese da Ezra Pound, Il volto santo, Magoometto e Il servitore del diavolo), dopo la ristampa einaudiana di fine anni Settanta voluta da Italo Calvino (ma curiosamente e inspiegabilmente “monca” di una sua parte, Magoometto) è da molti anni fuori catalogo in Italia. Il romanzo di Moscardino prende il titolo dal soprannome del piccolo protagonista e racconta – tra autobiografia lirica, slanci mitici-fantastici nella preistoria familiare e un senso straordinario della narrazione – la storia della famiglia di Moscardino e il suo rapporto con il leggendario Nonno, che racconta al nipote “la sua vita sciupata” come “un errare di sogno in sogno per paesi diversi”. In questo suo carattere sospeso tra narrazione, mitologia fantastica e autobiografia sta esattamente la grandezza e l’unicità assoluta dell’esperienza letteraria di Enrico Pea, uno dei più grandi scrittori italiani del Novecento, di cui Giuseppe Ungaretti disse: “Ha dei momenti che ti sorprendono per densità, proprietà, violenza, vastità di azzurro, per un’umanità intagliata in una parola tutt’ancora umida di terra, e brillante di rugiada, come un’erba spuntata a ridere nel sole, una mattina bella”.
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A distanza di ottant’anni l’opera di Pea non solo non ha perso nulla della propria originalità, ma acquista ancora di più il valore assoluto, fuori dal tempo e dalle mode culturali, del capolavoro. Nonostante questo, o forse proprio per tale sua “stranezza”, il nome di Enrico Pea è oggi quasi completamente dimenticato e Il romanzo di Moscardino, tetralogia comprendente quattro brevi romanzi tra loro collegati (Moscardino, tradotto poi in inglese da Ezra Pound, Il volto santo, Magoometto e Il servitore del diavolo), dopo la ristampa einaudiana di fine anni Settanta voluta da Italo Calvino (ma curiosamente e inspiegabilmente “monca” di una sua parte, Magoometto) è da molti anni fuori catalogo in Italia. Il romanzo di Moscardino prende il titolo dal soprannome del piccolo protagonista e racconta – tra autobiografia lirica, slanci mitici-fantastici nella preistoria familiare e un senso straordinario della narrazione – la storia della famiglia di Moscardino e il suo rapporto con il leggendario Nonno, che racconta al nipote “la sua vita sciupata” come “un errare di sogno in sogno per paesi diversi”. In questo suo carattere sospeso tra narrazione, mitologia fantastica e autobiografia sta esattamente la grandezza e l’unicità assoluta dell’esperienza letteraria di Enrico Pea, uno dei più grandi scrittori italiani del Novecento, di cui Giuseppe Ungaretti disse: “Ha dei momenti che ti sorprendono per densità, proprietà, violenza, vastità di azzurro, per un’umanità intagliata in una parola tutt’ancora umida di terra, e brillante di rugiada, come un’erba spuntata a ridere nel sole, una mattina bella”.