In Tutte le nostre maledizioni si compiranno, Tamara Tenenbaum, scrittrice e filosofa argentina, dismette la maschera della saggista e con gli occhi dissacranti di romanziera femminista ci narra, con apparente leggerezza, la vita di una ragazza ebrea nell'America Latina di oggi. La sua vita familiare, ma anche quella sociale, quella amorosa, quella interiore, tutto ciò che le viene in mente in ogni momento, le fantasie, i dubbi esistenziali. La Tenenbaum, nata e cresciuta in una comunità ebraico ortodossa di Buenos Aires, ne conosce bene pregi e difetti e oggi, da una giusta distanza, ce la racconta. La famiglia della protagonista è matriarcale, ci sono la madre e la nonna, il padre, morto giovane, è solo un fantasma. L'unica religione è il fare da sé. Ma come si può fare da sé, in un mondo che, tanto dentro quanto fuori dalla fede, non fa altro che imporre riti e dogmi? Come ci si può liberare da comportamenti la cui origine è remota nel tempo, e i cui legami con l'oppressione sono spesso occulti? Tamara, in parte, invidia l'obbedienza della madre, ma invidia pure la libertà della vita degli altri che guarda attraverso i social. Qual è la maledizione che incombe su di lei? Potrà mai liberarsene? E perché a certe violenze non si può rispondere con una denuncia ma solo con una plastica e cupa risata? Andando in giro per Buenos Aires non conta di chi sei figlio ma la comunità cui appartieni, e allora Tamara, che è anche il nome della protagonista, si abbandona a un comico autoantisemitismo, ma al tempo stesso c'è in lei una certa nostalgia per ciò che va perduto. C'è tensione in questo libro, tra coscienza e incoscienza, tra poesia e analisi, ed ecco allora riaffacciarsi il volto della saggista. Nel linguaggio riecheggiano eventi lontani, strascichi di quel che non si vede ma persiste sottotraccia, ombre di storie. (Fonte: seconda di copertina).
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In Tutte le nostre maledizioni si compiranno, Tamara Tenenbaum, scrittrice e filosofa argentina, dismette la maschera della saggista e con gli occhi dissacranti di romanziera femminista ci narra, con apparente leggerezza, la vita di una ragazza ebrea nell'America Latina di oggi. La sua vita familiare, ma anche quella sociale, quella amorosa, quella interiore, tutto ciò che le viene in mente in ogni momento, le fantasie, i dubbi esistenziali. La Tenenbaum, nata e cresciuta in una comunità ebraico ortodossa di Buenos Aires, ne conosce bene pregi e difetti e oggi, da una giusta distanza, ce la racconta. La famiglia della protagonista è matriarcale, ci sono la madre e la nonna, il padre, morto giovane, è solo un fantasma. L'unica religione è il fare da sé. Ma come si può fare da sé, in un mondo che, tanto dentro quanto fuori dalla fede, non fa altro che imporre riti e dogmi? Come ci si può liberare da comportamenti la cui origine è remota nel tempo, e i cui legami con l'oppressione sono spesso occulti? Tamara, in parte, invidia l'obbedienza della madre, ma invidia pure la libertà della vita degli altri che guarda attraverso i social. Qual è la maledizione che incombe su di lei? Potrà mai liberarsene? E perché a certe violenze non si può rispondere con una denuncia ma solo con una plastica e cupa risata? Andando in giro per Buenos Aires non conta di chi sei figlio ma la comunità cui appartieni, e allora Tamara, che è anche il nome della protagonista, si abbandona a un comico autoantisemitismo, ma al tempo stesso c'è in lei una certa nostalgia per ciò che va perduto. C'è tensione in questo libro, tra coscienza e incoscienza, tra poesia e analisi, ed ecco allora riaffacciarsi il volto della saggista. Nel linguaggio riecheggiano eventi lontani, strascichi di quel che non si vede ma persiste sottotraccia, ombre di storie. (Fonte: seconda di copertina).