Un uomo indocile alle prese con una serie di tragici appuntamenti esistenziali. Romagna anni Settanta-Ottanta: colline e coste marine tra Rimini, Cesenatico e Ravenna. L'agronomo Guidobaldo Ercolani (Baldo per gli amici), rivisitando la propria vita, fa i conti con i rapporti familiari, le avventure sentimentali, le scelte politico-economiche e le amicizie che l'hanno contrassegnata. Una storia ritmata tra impazienza e conformismi, tra ambizioni sociali e velleitarismi antiborghesi, tra esuberanza e depressione, tra misteri familiari e misteri del cuore; Baldo la vive in compagnia di sei donne (la madre, una zia, due fidanzate, la moglie e la figlia) che si scambiano le maschere (di Penelope e Nausica, delle Baccanti e delle Erinni). Sottovento è un romanzo di perfetta tessitura ambientale e psicologica, scritto da un narratore all'apice della sua maturità espressiva. Gino Montesanto, nel costruire un affresco di dolorosa animazione shakespeariana, filtra felicemente una sua affinità con gli italiani Tozzi e Moretti; ma, nel rappresentare un mondo ormai post-cristiano con profonda pietas cristiana, rivela di essere anche in sintonia con Bernanos e Mauriac.
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Un uomo indocile alle prese con una serie di tragici appuntamenti esistenziali. Romagna anni Settanta-Ottanta: colline e coste marine tra Rimini, Cesenatico e Ravenna. L'agronomo Guidobaldo Ercolani (Baldo per gli amici), rivisitando la propria vita, fa i conti con i rapporti familiari, le avventure sentimentali, le scelte politico-economiche e le amicizie che l'hanno contrassegnata. Una storia ritmata tra impazienza e conformismi, tra ambizioni sociali e velleitarismi antiborghesi, tra esuberanza e depressione, tra misteri familiari e misteri del cuore; Baldo la vive in compagnia di sei donne (la madre, una zia, due fidanzate, la moglie e la figlia) che si scambiano le maschere (di Penelope e Nausica, delle Baccanti e delle Erinni). Sottovento è un romanzo di perfetta tessitura ambientale e psicologica, scritto da un narratore all'apice della sua maturità espressiva. Gino Montesanto, nel costruire un affresco di dolorosa animazione shakespeariana, filtra felicemente una sua affinità con gli italiani Tozzi e Moretti; ma, nel rappresentare un mondo ormai post-cristiano con profonda pietas cristiana, rivela di essere anche in sintonia con Bernanos e Mauriac.