Stati Uniti, 30 ottobre 1893. L’architetto Daniel H. Burnham è sul tetto del
mondo: l’Esposizione Universale di Chicago si è appena conclusa con uno straordinario
successo di critica e pubblico e, ad appena quattro anni dal clamore suscitato
dall’Esposizione di Parigi, l’America celebra il suo trionfo di avanguardia globale nel
campo dell’architettura e simbolo delle promesse della modernità e del Novecento. Quella
di Burnham è stata una lotta dai contorni epici contro tempo, politica e caratteristiche
fisiche del terreno: tra complesse bonifiche – l’area di Jackson Park, su cui sorgono
gran parte degli edifici, pochi mesi prima dei lavori era una landa di sterpaglie e
desolazione –, rischi di sciopero, scontri con le personalità locali e un clima quanto
mai inclemente, l’edificazione della «Città Bianca» appare a tutti come un miracolo. Un
sogno giunto al suo lieto fine. Ma c’è un’altra città, oscura e demoniaca, che si è
andata costruendo parallelamente nel ventre del paese; una città tirata su da un unico
uomo nel silenzio dello scantinato del suo albergo, cadavere su cadavere, omicidio dopo
omicidio. Per tutta la durata dell’Esposizione, Henry Howard Holmes, «l’assassino più
folle e depravato dell’Ottocento», ha infatti continuato a uccidere: il suo hotel, «il
Castello», da cui sono passati nei mesi della fiera centinaia di turisti, è un intricato
dedalo di stanze e corridoi che nascondono scannatoi, camere di tortura e forni
crematori. Un capolavoro di perversione, sorretto unicamente dal fascino di un uomo che,
con la sua avvenenza e i suoi modi calmi e diretti, è riuscito a ingannare un’intera
comunità: dai numerosissimi creditori alle giovani donne che continuavano a venire da
lui cercando lavoro, per poi scomparire per sempre. Con la stessa prosa esatta e potente
de Il giardino delle bestie, Erik Larson ricostruisce la storia di queste due città – la
città della speranza e quella della morte – e dei due uomini che le hanno erette. Il
diavolo e la città bianca è l’affresco di un momento storico elettrizzante in cui, a
pochi passi da Buffalo Bill e Thomas Edison, si aggiravano le illusioni e gli incubi di
un’America ingenua e inconsapevole.
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Stati Uniti, 30 ottobre 1893. L’architetto Daniel H. Burnham è sul tetto del mondo: l’Esposizione Universale di Chicago si è appena conclusa con uno straordinario successo di critica e pubblico e, ad appena quattro anni dal clamore suscitato dall’Esposizione di Parigi, l’America celebra il suo trionfo di avanguardia globale nel campo dell’architettura e simbolo delle promesse della modernità e del Novecento. Quella di Burnham è stata una lotta dai contorni epici contro tempo, politica e caratteristiche fisiche del terreno: tra complesse bonifiche – l’area di Jackson Park, su cui sorgono gran parte degli edifici, pochi mesi prima dei lavori era una landa di sterpaglie e desolazione –, rischi di sciopero, scontri con le personalità locali e un clima quanto mai inclemente, l’edificazione della «Città Bianca» appare a tutti come un miracolo. Un sogno giunto al suo lieto fine. Ma c’è un’altra città, oscura e demoniaca, che si è andata costruendo parallelamente nel ventre del paese; una città tirata su da un unico uomo nel silenzio dello scantinato del suo albergo, cadavere su cadavere, omicidio dopo omicidio. Per tutta la durata dell’Esposizione, Henry Howard Holmes, «l’assassino più folle e depravato dell’Ottocento», ha infatti continuato a uccidere: il suo hotel, «il Castello», da cui sono passati nei mesi della fiera centinaia di turisti, è un intricato dedalo di stanze e corridoi che nascondono scannatoi, camere di tortura e forni crematori. Un capolavoro di perversione, sorretto unicamente dal fascino di un uomo che, con la sua avvenenza e i suoi modi calmi e diretti, è riuscito a ingannare un’intera comunità: dai numerosissimi creditori alle giovani donne che continuavano a venire da lui cercando lavoro, per poi scomparire per sempre. Con la stessa prosa esatta e potente de Il giardino delle bestie, Erik Larson ricostruisce la storia di queste due città – la città della speranza e quella della morte – e dei due uomini che le hanno erette. Il diavolo e la città bianca è l’affresco di un momento storico elettrizzante in cui, a pochi passi da Buffalo Bill e Thomas Edison, si aggiravano le illusioni e gli incubi di un’America ingenua e inconsapevole.